Vastedda della Valle del Belìce: un capolavoro nato per caso
La leggenda più credibile sulla nascita della Vastedda della Valle del Belìce racconta di un anziano casaro della zona che realizzò questo formaggio per puro caso. Pare che il casaro si trovasse nella Valle del Belìce e che, dopo aver munto le sue pecore e lavorato il latte per il pecorino, mise la pasta nei tipici canestri di giunco per farla rassodare. La sorte volle che, a causa dello scirocco e della giornata particolarmente calda, la pasta si inacidì.
Il casaro provò a togliere l'acidità immergendo il formaggio in acqua calda, come si fa con la ricotta. La pasta messa iniziò a filare e quando il casaro la tolse dalla tinozza e la pose in un piatto, diede vita alla prima forma di Vastedda della Valle del Belìce.
Il sapore: fresco e aromatico
La Vastedda della Valle del Belìce è l’unico formaggio a pasta filata fatto con latte di pecora. Il suo sapore unico è dato dalla particolare composizione dei pascoli in cui si nutrono le pecore della zona. La Vastedda della Valle del Belìce è fresco, abbastanza dolce, estremamente gradevole e può essere mangiata sia da sola che accompagnata da salumi tipici.
La produzione: latte crudo di pecora e piatti di ceramica
La Vastedda della Valle del Belìce si ottiene dal latte intero crudo delle pecore di razza Valle del Belìce e dei suoi incroci. Il latte di una o più mungiture viene filtrato e riscaldato fino a raggiungere una temperatura massima di 35° C: a questo punto si aggiunge il caglio in pasta di agnello, rigorosamente ricavato in modo artigianale.
La cagliata viene poi spezzettata in piccoli grumi con l'aiuto della rotula e di acqua calda. Il composto si lascia riposare per una decina di minuti, e poi si deposita in fiscelle di giunco, che vengono passate nella scotta per altri 10 minuti. La fermentazione della pasta dipende sia dalla stagione che dalla temperatura dell'ambiente.
Quando la Vastedda è acida al punto giusto, le forme di pasta vengono trattate nuovamente con la scotta per ricompattarle in un unico pezzo. La cagliata è immersa al massimo per sette minuti, poi si forma una treccia con la pasta, per favorire la fuoriuscita del siero.
Quando la superficie della pasta diventa lucida, se ne preparano piccole palline, messe ad asciugare in piatti fondi di ceramica: è proprio in questa fase della produzione che il formaggio, rivoltato, assume la caratteristica forma di vastedda (focaccia). Dopo un periodo di tempo che varia dalle 6 alle 12 ore, la Vastedda della Valle del Belìce è pronta per la salamoia. Il formaggio può essere servito e gustato dopo un paio di giorni, dopo l’asciugatura in locali freschi e non troppo ventilati.
Il parente povero del pecorino
In passato, la Vastedda della Valle del Belìce era quasi considerato un formaggio minore: veniva prodotto quando il latte delle pecore era poco, e l'aria troppo calda per produrre il pecorino. Pare, infatti, che il latte venisse trattato per ottenere la Vastedda della Valle del Belìce soltanto quando le condizioni non permettevano di lavorarlo fino a ottenere il pecorino.
La richiesta continua di questo formaggio tipico siciliano ha fatto sì che la produzione non sia più legata solo alla stagione estiva, ma avvenga durante tutti i mesi dell'anno.
Abbinamenti: bianchi e rossi della Sicilia
La Vastedda della Valle del Belìce può essere accompagnata sia dai vini bianchi che da quelli rossi, in virtù del suo sapore fresco e delicato. L'accostamento migliore si ottiene con i vini tipici siciliani quali Nero d'Avola, Merlot, Syrah, e il Cerasuolo di Vittoria.
^ torna su